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Il valore delle filiere produttive e delle loro interconnessioni, chiave di sviluppo del nostro Paese

3 Giu 2016

Trento

Nel pomeriggio di venerdì 3 giugno, presso il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento, si è tenuto un incontro del ciclo Confronti a cura di GEI Gruppo Economisti di Impresa nell’ambito dell'undicesima edizione del Festival dell'Economia di Trento. Sono intervenuti Salvio Capasso, Alessandra Benedini, Gregorio De Felice e Gianfranco Viesti, moderati da Massimo Deandreis, sul tema “I non luoghi della crescita: le filiere produttive”.

Quest’anno il Festival dell'Economia si pone l'obiettivo di definire i luoghi della crescita. Ebbene, accanto ai luoghi della crescita, le città, cioè il luoghi dove si concentrano ricerca e sviluppo e innovazione, ci sono anche dei “non luoghi”, ossia le filiere produttive, quelle che si snodano lungo l'intero asse del nostro Paese, con un'interdipendenza tra Nord e Sud ed un forte rapporto tra grande impresa e aziende fornitrici.

Oggi, sono le città globali quelle più competitive e capaci di attrarre talenti, di far nascere nuove idee e di renderle concretamente attuabili. La crescita è generata da una demografia urbana sempre più determinante in valore numerico e da alti livelli di produttività, occupazione e innovazione.

Cosa caratterizza le città italiane? Sono comparabili con le città globali? L'Italia è caratterizzata dal fatto che storicamente produce, innova e compete, in modalità “sparsa” sul territorio e fortemente interconnessa. L'Italia ha quindi una specificità: le aree produttive sono nate e prosperano spesso fuori delle aree metropolitane ed è caratterizzata da luoghi della produzione non urbani. Da qui il valore dei distretti, ma anche dei “non luoghi”, ovvero le connessioni tra i luoghi.

Gli scambi di beni e servizi tra Nord e Sud risultano maggiori che verso l'estero. Questo fattore ha un valore importante. Sebbene il Mezzogiorno sia ancora “distante” in media dal Centro Nord e sia presente un gap sociale oltre che economico, si è innestato un effetto spillover che sostiene la produttività del Paese. Un effetto spillover che si differenzia secondo la tipologia di filiera, e questo lo dimostra un'analisi effettuata su filiere produttive classiche del nostro Paese come aeronautica, automotive, alimentare abbigliamento moda e attività farmaceutica.

I legami di filiera si rafforzano con i contenuti innovativi e generano, come negli hub urbani, un grosso potenziale di crescita sul territorio. La risposta competitiva del nostro Paese deve quindi percorrere le due direttrici della crescita, dimensione e produttività, attraverso le nostre forze: distretti, filiere, reti di innovazione, interdipendenze. Il modello italiano, fortemente interconnesso, si sostiene infatti grazie alle sinergie distrettuali che in passato hanno permesso di superare in parte i limiti della piccola dimensione che caratterizza il nostro tessuto imprenditoriale.